Articolo apparso in Rivista di Ascetica e Mistica, numero 42 del 2017, pp. 695-708.
RAFFAELE DI MURO OFMCONV
1. Chi è Bonaventura
Bonaventura, al secolo Giovanni Fidanza, nasce nel piccolo centro di Bagnoregio, vicino Viterbo, intorno al 1217. A diciassette anni parte per Parigi con l’intento di intraprendere gli studi all’Università di Parigi e nove anni dopo entra nell’Ordine francescano ricevendo il nome di Bonaventura. Continua gli studi alla scuola di Alessandro di Hales, illustre teologo dell’università parigina, anch’egli frate minore. Il giovane fra’ Bonaventura inizia ad insegnare nell’ateneo francese, attestandosi come capo della scuola teologica serafica. Nel 1257 è eletto Ministro generale, carica che ricopre per diciassette anni. Scrive importanti opere spirituali e due biografie su S. Francesco. Grazie alla sua moderazione, è in grado di armonizzare le due anime del francescanesimo del tempo, la conventuale e la spirituale, che riesce ad incanalare nel medesimo ideale francescano. È considerato il secondo fondatore dell’Ordine perché ad esso conferisce un fondamento teologico ed un grande equilibrio nell’attività governativa. È creato Arcivescovo di Albano nel 1273 e si distingue per la preparazione del Concilio di Lione in supporto al Pontefice. Muore il 15 luglio 1274[1].
H. Egan ritiene che
“nella sua persona, Bonaventura riunì la semplicità di Francesco di Assisi e l’intellettualismo francescano. Tutti i suoi scritti focalizzano l’unione della persona con Dio. Effettuando una profonda fusione della speculazione filosofica e dell’affettività mistica, Bonaventura evitò sia il puro intellettualismo che la ingenua emotività. La riflessione teoretica arricchì la sua spiritualità e la sua mistica, ma la riflessione mistica rimane al centro delle sue riflessioni speculative”[2].
Nell’Itinerarium mentis in Deo descrive un percorso mistico nel quale si giunge alla comunione con Dio dopo averlo cercato nel creato e in se stessi e al vertice di un percorso di contemplazione e di ricerca di Dio. In lui è presente la teologia dei sensi mistici ed anche la Triplice via, che è il titolo di una sua altra importante opera, che esprime la via della mistica in tre fasi: la purificativa, l’illuminativa e l’unitiva. Il credente percorre una strada a tappe che lo porta dalla pratica determinata e costante dell’ascesi, alla contemplazione frutto dell’illuminazione divina, fino alla fase mistica vera e propria che conclude questo straordinario cammino in progressione verso la perfezione cristiana. Le opere mistiche di Bonaventura hanno una straordinaria influenza in tutto il mondo francescano ed ecclesiale nell’epoca medievale ed anche in quelle successive. È il teologo per eccellenza della mistica della famiglia serafica[3].
2. Introduzione alla Triplice via
L’opuscolo De Triplici via è redatto da Bonaventura intorno al 1250-1260 a beneficio di un sacerdote diocesano desideroso di perfezione. Il santo sintetizza il cammino del cristiano, secondo uno schema proveniente dallo Pseudo-Dionigi, in modo gerarchico. Ci sono tre tappe nel percorso di santificazione: la purificazione, l’illuminazione e la perfezione. La struttura dell’opera evidenzia anche una serie di esercizi spirituali per pervenire ad un livello di vita interiore sempre più elevato. Questo itinerario conduce alla inabitazione di Dio nell’uomo, mediante una serie di atteggiamenti virtuosi che portano ad un costante progresso spirituale. Lo schema gerarchico richiama le gerarchie angeliche. Il Dottore serafico dimostra che Dio compie meraviglie nel cuore dell’uomo che si apre alla sua grazia, che è la grande protagonista di questo percorso ascensionale, e desidera aderire a Cristo in modo sempre più convinto e totalizzante.[4]
Così il dottore serafico riassume il cammino de La Triplice via che porta allo stadio mistico:
“È facile compendiare tutti i gradi. Quelli di purgazione si distinguono così: vergognati dell’ignominia, trema del giudizio, piangi del tuo danno, implora soccorso e rimedio, espugna il fomite contro il nemico; per vincere il pallio anela al martirio, per refrigerarti all’ombra, appressati a Cristo. I gradi pertinenti all’illuminazione per tal maniera si distinguono. Considera chi è che patisce, sottomettiti alla fede; quale è chi patisce e addolorati nel compianto; la grandezza di chi patisce, ed in tutta confidenza ringrazialo; la forma della passione, e seguilo e rassomiglia a lui; le tante e svariate pene, e con fervore abbraccialo; gli effetti della passione, e da intelligente, come sei, contempla. I gradi della via unitiva li distingueremo così: la vigilanza ti solleciti per la prontezza dello Sposo; la confidenza ti corrobori, per l’assicurazione dello Sposo; l’ardore ti infiammi, per la dolcezza di lui; il rapimento ti trasporti, per la sua eccellenza; la compiacenza ti quieti, per la sua bellezza: la letizia ti inebri, per la pienezza assoluta del suo amore; l’aderenza faccia di te una sola cosa con lui, in forza del suo amore”[5].
Si tratta di un percorso a gradi che parte dalla conversione dell’uomo che è animato dal desiderio di perfezione evangelica e dalla volontà di rompere con un passato caratterizzato dal peccato e dalla lontananza da Dio. In seguito, vi è la fase illuminativa che consiste nel fatto che il mistero di Cristo povero e sofferente è ora ispiratore di tutta la riflessione e l’azione del credente che continua il suo progresso spirituale proprio rafforzato dall’esempio e dall’amore del Signore nel tempo della passione. Infine, si registra la dimensione unitiva o di perfezione durante la quale il fedele aderisce sempre più a Gesù-Sposo che lo riempie della gioia indicibile che nasce dalla sua presenza amorosa ed è pienamente appagante. Ci troviamo nella dimensione mistica che è preceduta da un impegnativo percorso ascetico che ne costituisce l’importante presupposto: siamo alla maturità spirituale del cristiano che giunge al vertice del suo percorso di conversione. Va detto che questo triplice itinerario fa scuola nella storia della spiritualità e va ad ispirare i trattati mistici di molti francescani lungo i secoli nonché autori di altre scuole di spiritualità. In qualche modo anche i personaggi della famiglia serafica che descrivono un cammino a gradi per la santificazione del credente si rifanno alle vie indicate da Bonaventura.
3. La gioia della conversione
Il cammino di conversione ha un presupposto importante: fare una sana autocritica per comprendere i propri errori e trovare, con il sostegno della grazia divina, i giusti correttivi per la realizzazione di un cammino santo. Secondo il pensiero di S. Bonaventura, la coscienza va stimolata e spronata perché compia un attento e fruttuoso esame sul proprio sentire[6].
La riflessione dell’uomo in conversione avviene soprattutto relativamente a tre tematiche, inerenti la memoria del proprio peccato:
Il lavoro interiore di chi vuol progredire nel proprio percorso di fede investe la sua capacità di custodire la propria interiorità da inutili dispersioni del cuore, da momenti di tentazione del nemico e da distrazioni nei tempi sacri della preghiera. Il credente, che desidera raggiungere la santità e una significativa unione con Dio, è chiamato a rendere il suo spirito forte e determinato nel perseguire solo ciò che fa bene alla sua salute spirituale e alle mete che intende raggiungere. È fondamentale analizzare le proprie debolezze e fragilità per non essere scarsamente decisi nell’impegnarsi in un cammino interiore robusto e fruttuoso. Quanti sono i danni che rechiamo al nostro cuore quando ci lasciamo condizionare e vincere dalla sensualità, dalla curiosità, dall’attaccamento alle cose materiali! Un buon esame di coscienza ci illumina sui nostri errori perché riflettiamo, emendandoci da ogni atteggiamento di dissipazione[8].
Fa anche molto bene valutare alcuni mali che «inquinano» la bellezza dello spirito, quali l’invidia, l’ira e l’accidia. Si tratta di nemici spirituali la cui pericolosità va presa in debita considerazione per evitare che creino irreparabili conseguenze al cammino di perfezione[9].
Ciò che aiuta in questa profonda e salutare introspezione è cercare motivazioni importanti come il desiderio di gratitudine a Cristo per il dono della salvezza, costato dolore sul Calvario. Inoltre, fa bene pensare che la nostra vita terrena finirà e ci apriremo ad una dimensione nuova in Dio. In definitiva, Bonaventura invita a non dare tregua alla propria coscienza che va costantemente «pungolata» perché offra sempre il meglio di sé[10].
Per raddrizzare il proprio itinerario dopo eventuali deviazioni, occorrono alcuni atteggiamenti importanti:
Essere determinati, vuol dire imprimere decisione ai nostri comportamenti, rivolgendoli verso la santità. La severità è sinonimo di inflessibilità, in quanto non si può cedere al cospetto della prospettiva del peccato: non sono ammesse deroghe e tentennamenti. Un fare dolce e benigno aiuta, infine, il cuore a fare grandi sacrifici con pace inaudita e grande serenità, requisiti che volentieri si mostrano ai fratelli, anche per la loro edificazione[11].
Come Gesù è stato crocifisso per l’uomo, così questi impara a crocifiggere le sue passioni e le sue fragilità[12]. È questo il tempo in cui il credente piange a causa della sua miseria e si duole per il male compiuto. Quando c’è la memoria dei propri errori scatta il ravvedimento e il desiderio di un nuovo percorso illuminato dall’amore e dalla grazia divine: si tratta di una rinascita interiore[13]. È di fondamentale importanza la richiesta di perdono da innalzarsi all’Altissimo, la cui misericordia si invoca con tutte le forze. Nel cuore dell’uomo si accende la speranza, foriera di grande gioia interiore[14].
4. Lasciarsi illuminare da Dio
Chi ama e segue il Signore si lascia progressivamente illuminare e riscaldare da Lui. Dio dona una luce preziosa che dona certezze e lucidità all’intelletto e fervore al cuore[15].
In particolare l’Altissimo dona questi lumi:
L’illuminazione divina permette di capire in che modo la nostra umanità diventa perfetta, sotto i profili fisico, intellettuale e spirituale. In sostanza, Dio dona all’uomo la certezza di come deve essere al cospetto del Creatore, secondo la perfezione da Lui stabilita. In secondo luogo, l’Onnipotente svela la forza della grazia che da Lui promana, mediante l’accesso ai sacramenti da parte del cristiano. Infine, la creatura umana è nella perfezione del disegno di Dio, un disegno che lo pone in armonia con gli esseri a lui superiori, simili o inferiori. Tutto questo è il frutto della meditazione[16].
Ecco le espressioni di Bonaventura:
“Finalmente, qui nella via illuminativa, il raggio dell’intelligenza deve essere il riflesso della meditazione, affinché ritorni alla fonte di ogni bene, ripensando i premi promessi. Bisogna considerare accuratamente, bisogna frequentemente pensare, che Iddio, il quale non mente, a coloro che credono e amano ha promesso: la rimozione d’ogni male, l’associazione di tutti i santi, l’appagamento di tutti i desideri, in lui, fonte e fine di tutti i beni, buono sì che eccede ogni supplica, ogni brama, se lo amiamo e lo desideriamo sopra tutte le cose e per amor suo. Bisogna tendere a lui con ogni desiderio ed amore”[17].
Il Signore illumina l’uomo con la sua sapienza se questi apre mente e cuore a Lui attraverso la meditazione e la fede cieca nelle sue promesse. Dio chiede alla sua creatura la massima disponibilità perché Egli possa riempirlo della sua luce e del suo amore. La tensione del credente all’Altissimo deve essere costantemente massima, il pensiero e l’azione sempre diretti a Lui e alle sue promesse. Vi è un meraviglioso incontro tra la disponibilità dell’uomo e l’onnipotenza di Dio.
Questa immersione nella bontà di Dio conduce alla lode: chi si sente amato, perdonato, riabilitato, non può fare a meno di darsi alla contemplazione delle meraviglie dell’Onnipotente che viene esaltato e lodato. L’uomo ammira e medita il mistero della benevolenza divina e considera tutte le espressioni concrete del suo amore[18].
5. La fase mistica o di perfezione
Si giunge alla fase della perfezione, così descritta dal Dottore Serafico:
“Il fuoco si aduna, sottraendo il cuore all’amore delle creature. È necessario far questo, perché l’amore della creatura non progredisce, e se progredisce non sazia, e se sazia non basta. Si sollevi ora la fiaccola dell’amore, al di là del sensibile, dell’immaginabile. Sia questo l’ordine. L’uomo bramoso di amare perfettamente ed immediatamente Iddio, nell’accingersi alla meditazione dica a se medesimo: L’amato non è sensibile, perché non visibile, non odorabile, non gustevole, non tangibile; non dunque sensibile, ma tutto desiderabile. E pensi che immaginabile non è: termini, figure, numeri, circoscrizione e mutazione non gli si addicono; veramente non immaginabile, ma del tutto desiderabile. E mediti profondamente che non è comprensibile, perché non dimostrabile; non definibile, perché supera ogni pensiero, apprezzamento e investigazione. È sovrintellegibile, e quindi tutto desiderabile.[19]”
Bonaventura parla dell’apoteosi del cammino spirituale. Si tratta della fase mistica, dell’unione profonda e totalizzante con Dio, che si concretizza dopo un percorso di spoliazione e contemplazione che «apre» alla unione con l’Amato che viene indicata con la metafora del fuoco. Ogni altro amore va tolto dal cuore e solo così il Signore regna in esso incontrastato, conducendo chi crede in Lui ad una comunione indelebile e intensissima. Ciò implica il coinvolgimento di tutte le proprie potenze (intelletto, ragione e volontà) che tutte vanno dirette a Dio[20].
6. La progressione
Vi è una continua crescita nella relazione con Dio da parte del credente che desidera unirsi a Lui in modo sempre più rilevante. Bonaventura indica i sei gradi della dilezione divina:[21].
San Bonaventura predica un cammino in progressione che tenga conto dei tempi di crescita della persona. Questo è il significato dei sette gradini che portano alla pace del cuore[22].
Anche in questo caso prevale la logica della progressione e della crescita senza sosta nell’amare e nell’avanzare spiritualmente. Bonaventura crede molto in una unione con Dio che si concretizza, si rafforza e produce frutto passo dopo passo. È la perfezione nell’amore che porta l’uomo al desiderio di martirio e, dunque, alla perfezione nell’amore, dopo un percorso di ascesi alquanto impegnativo. Volersi conformare a Cristo è un altro aspetto del percorso di perfezione: il santo invita per questa ragione a contemplare la passione del Signore. L’uomo procede nel suo cammino meditando l’amore di Gesù che si è immolato per noi, aprendoci il passaggio alla vita eterna. La figura di Cristo e le sue pene invitano chi crede in Lui a non avere paura di soffrire per Cristo, cercando in tutti i modi di crescere nel donarsi generosamente e continuamente.
La contemplazione di Cristo invita alla conformazione a Lui: l’uomo non può restare indifferente al cospetto delle sofferenze del Signore e impara ad amare come Lui e con Lui. Anche in questo caso si deve ricordare che il credente raggiunge questi stadi sempre a partire da un percorso penitenziale che lo porta a riflettere molto sulle proprie fragilità che vanno poi eliminate risolutamente.
Vi è una progressione anche nell’amare. In uno schema abbiano elencato la crescita nella carità esposta ne La Triplice via. Il Dottore Serafico descrive in modo mirabile i tempi dell’evoluzione spirituale dell’uomo[23].
1 | vigilanza stimolatrice | attesa dello Sposo |
2 | confidenza confortatrice | conforto dello Sposo |
3 | ardore infiammante | amore forte come la morte |
4 | rapimento che innalza | estasi d’amore |
5 | compiacenza che quieta | la gioia della quiete |
6 | letizia dilettosa | la letizia che entusiasma |
7 | aderenza conglutinante | unione per la forza dello sposo |
L’amore di chi ama e segue Cristo con tutto il cuore cresce continuamente. Si parte dall’attesa dello Sposo che conforta, gratifica e corrobora il cammino dell’uomo, fino a condurlo all’estasi e ad una gioia immensa e inaudita. Il percorso si conclude con l’unione dettata dalla forza del Signore: siamo al vertice della carità che il credente può esprimere.
Anche nell’aderire a Cristo vi è un cammino ascensionale che il seguente schema sintetizza[24].
Compunzione | Ponderazione dei mali Memoria dei dolori di Cristo Suppliche del rimedio |
Gratitudine | Riparazione del peccato operata da Cristo Ammirazione dei benefici Ringraziamento per la liberazione dall’inferno |
Imitazione | Visione della verità elevata Carità che si dilata all’esterno Azione virile ordinata all’uomo interiore. |
Chi compie un cammino di perfezione parte dalla contemplazione dell’opera salvifica di Cristo che si è immolato per la nostra salvezza. Dopo questa presa di coscienza si giunge alla gratitudine – sempre più profonda – per la redenzione. Infine, vi è l’imitazione, che consiste nell’amore dell’uomo che si effonde all’esterno in piena conformazione a Cristo. La benevolenza che la creatura esprime nasce dal suo mondo interiore e si sviluppa all’esterno.
7. Il futuro
Nell’opuscolo mistico che stiamo approfondendo, il futuro è rappresentato dalla continua crescita nel cammino spirituale. Ciò avviene grazie alle lotte interiori affrontate ogni giorno, in virtù di una preghiera continua e vibrante e a causa di una tensione alla contemplazione sempre elevata. Il futuro è la crescita, il progresso, l’evoluzione spirituale. Bonaventura pensa all’itinerario mistico come una realtà in continuo divenire che sfocia inesorabilmente nella fase mistica. L’avvenire che attende l’uomo è costituto con un costante rafforzarsi interiormente e dalla sempre più rilevante grazia divina che invade efficacemente il cuore del credente.
Si tratta di una sorta di esodo, caratterizzato dallo sforzo dell’uomo di crescere nella virtù, di riconoscere il proprio limite fino alla spoliazione da se stesso, dal proprio egoismo. Il fedele è spogliato della voglia di autoaffermazione, del suo desiderio di realizzare a tutti costi la propria volontà e di valorizzare la sua identità. In questo modo egli lascia spazio, in modo esclusivo, all’azione di Dio che progressivamente lo unisce e lo trasforma in lui. Si tratta del primo passo di un percorso che conduce l’anima ad unirsi misticamente a Dio. A questa condizione di beatitudine si perviene dopo aver sperimentato la rinuncia e la purificazione, vale a dire un cammino di ascesi che non risparmia fatiche e sofferenze. Infatti, secondo Occhialini, “il mistico è un cristiano arrivato, dopo una faticosa ascesa, a un’altitudine in cui si respira aria più pura e rarefatta, dove la luce è così abbagliante da far sparire ogni contorno. Se guarda in basso, vede le zone attraversate, ne ricorda le tortuosità e gli ostacoli, le insidie e i pericoli”[25].
Le esperienze mistiche, di conseguenza, costituiscono il tratto finale dell’ascesi del cristiano, il coronamento di un generoso cammino realizzato dal fedele al quale viene concessa una grazia particolare dal Signore. Questo cammino di mortificazione e di lotta si rivela fondamentale per realizzare una piena conformazione a Cristo e per uniformare la volontà dell’uomo a quella di Dio. La persona viene fortificata e viene resa capace di realizzare la potente unione con il Creatore. Il vissuto mistico è dono gratuito di Dio all’uomo, tuttavia, si giunge ad esso ordinariamente mediante un cammino di preghiera e di penitenza che può essere considerato propedeutico rispetto a questo genere di esperienza. La vita mistica presuppone un allenamento alla familiarità con il Creatore e ad uno stile di vita penitenziale: si verifica un progressivo fissarsi in Dio che parte dalla meditazione dei divini misteri, passa per l’abbandono delle cose terrene e si conclude con il raggiungimento della quiete e della pace che la presenza dell’Altissimo dona: questo è il futuro dell’uomo che cammina in Dio.
[1] Cf. H. Egan, I mistici e la mistica. Antologia della mistica cristiana, Città del Vaticano 1995°, 271.
[2] Ivi, 270.
[3] Cf. Ivi, 272-274.
[4] Cf. B. Garcia, Bonaventura da Bagnoregio, in Dizionario Francescano. I Mistici, vol. 1, 330-331.
[5] Bonaventura da Bagnoregio, Le tre vie, ovvero l’incendio d’amore, in Dizionario Francescano. I Mistici, vol. 1, 368. Da questo momento l’opera Le tre vie, verrà indicata con la sigla TV.
[6] TV, I, 4.
[7] Cf. TV, I, 4.
[8] Cf. TV, I, 5.
[9] Cf. TV, I, 6.
[10] Cf. TV, I, 7.
[11] Cf. TV, I, 8-9.
[12] Cf. TV, II, 8.
[13]Cf. TV, II, 2.
[14] Cf. TV, II, 2.
[15] Cf. TV , I, 10-11.
[16] Cf. TV, I, 12-14.
[17] TV, I, 14.
[18] Cf. TV, II, 8.
[19] TV, I, 15-16.
[20] Cf. TV, I, 15-17.
[21] Cf. TV, II, 9-11.
[22] Cf. TV, III, 2.
[23] Cf. TV, III, 6.
[24] Cf. TV, III, 9.
[25] U. Occhialini, Vita cristiana ed esperienza mistica, Rivista di Vita Spirituale 53 (1999) 133