RAFFAELE DI MURO OFMCONV
Questo contributo propone una riflessione sulla stimmatizzazione di Francesco d’Assisi nell’ottavo centenario di questo significativo evento. Il percorso che propongo al lettore si basa su due aspetti: la descrizione di quanto è accaduto sul monte della Verna nel 1224, secondo il racconto offerto da Bonaventura da Bagnoregio nella Leggenda Maggiore, e l’analisi teologica circa quanto ha sperimentato il Poverello. Sulla scorta di studi prestigiosi ed autorevoli, mi pongo l’obiettivo di evidenziare il legame tra le stimmate dell’Assisiate e la sua spiritualità “carica” di amore profondo verso la croce e il Crocifisso, una spiritualità che si ripercuote sulla sua personalità e sul suo spirito di preghiera, continuamente in trasformazione verso una totale conformazione a Cristo. Detta conformazione raggiunge il vertice mediante i segni della passione apparsi sul suo corpo.
Il primo stigmatizzato di cui si ha notizia è Francesco d’Assisi, che riceve le stimmate sul monte della Verna il 17 settembre 1224, durante la Quaresima di San Michele Arcangelo. S. Bonaventura da Bagnoregio così descrive questo evento: “Un mattino, all’appressarsi della festa dell’Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalla sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, tenendosi librato nell’aria, giunse vicino all’uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l’effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare e due velavano tutto il corpo. A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore. Provava letizia per l’atteggiamento gentile, con il quale si vedeva guardato da Cristo, sotto la figura del serafino. Ma il vederlo confitto in croce gli trapassava l’anima con la spada (cf. Lc 2,25) dolorosa della compassione. Fissava, pieno di stupore, quella visione così misteriosa, conscio che l’infermità della passione non poteva assolutamente coesistere con la natura spirituale e immortale del serafino. Ma da qui comprese, finalmente, per divina rivelazione, lo scopo per cui la divina provvidenza aveva mostrato al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipatamente che lui, l’amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l’incendio dello spirito. Scomparendo, la visione gli lasciò nel cuore un ardore mirabile e segni altrettanto meravigliosi lasciò impressi nella sua carne. Subito, infatti, nelle sue mani e nei suoi piedi, incominciarono ad apparire segni di chiodi, come quelli che poco prima aveva osservato nell’immagine dell’uomo crocifisso. Le mani e i piedi, proprio al centro, si vedevano confitte ai chiodi; le capocchie dei chiodi sporgevano nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Le capocchie nelle mani e nei piedi erano rotonde e nere; le punte, invece, erano allungate, piegate all’indietro e come ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sul resto della carne. Il fianco destro era come trapassato da una lancia e coperto da una cicatrice rossa, che spesso emanava sacro sangue, imbevendo la tonaca e le mutande”[1].
In un mio precedente contributo ho così commentato: «Il fenomeno mistico della stigmatizzazione si manifesta dopo la visione di un serafino con sei ali. Ammirando l’essere angelico, Francesco scopre la figura di un uomo crocifisso e trafitto nelle mani e nei piedi su una croce. Il Poverello prova grande dolore nel vedere quelle ferite, ma il suo cuore è nella pace. Quando questa figura scompare, si ritrova con mani, piedi e costato feriti, con i chiodi che sporgono e con il sangue che sgorga copiosamente. È interessante notare che, dopo la visione del serafino, appaiono non solo le ferite, ma anche gli strumenti della crocifissione, ossia i chiodi. Rispetto ad altri personaggi stimmatizzati, questa modalità rappresenta una novità. Le stimmate non costituiscono un evento estemporaneo, ma un dono di Dio, una manifestazione della sua bontà e della sua misericordia. Francesco è trasformato nel Crocifisso. Va anche detto che il santo di Assisi è protagonista di altri fenomeni mistici, quali l’estasi, il discernimento degli spiriti, la quiete, la profezia, la morte mistica, le visioni, la notte ed altri ancora. Ciò testimonia che la sua spiritualità ha, nella conformazione a Gesù povero, l’elemento centrale»[2].
La stimmatizzazione di Francesco è preceduta da una lunga ed intensa contemplazione durante la sua sesta sosta sul monte della Verna. Il ricordo del Signore invade il suo cuore che si immerge nella più profonda orazione, invitato anche dal creato particolarmente accogliente nei suoi confronti[3].
La riflessione del santo si basa sul come rendere sempre più profonda e forte la sua unione con Dio. Fervorosa è soprattutto la meditazione sulla passione e la morte di Gesù, che ama adorare nella sua realtà di Crocifisso. La quiete, il raccoglimento e la preghiera preparano il terreno all’inaudito prodigio[4].
La visione del serafino alato suscita nel santo un grande stupore e soprattutto la consapevolezza della sua profonda unione sempre più profonda con il Crocifisso, con il quale si realizza una speciale “identificazione-trasformazione”. Nel suo racconto, Bonaventura celebra solennemente l’Alter Christus, il quale sulla Verna riceve l’ultimo sigillo d’amore da Dio. Sotto il profilo della fenomenologia mistica, va detto che il Poverello sperimenta una vera e propria estasi che lo “accompagna” nel ricevere i segni della passione: in lui sono presenti, dunque, entrambi i fenomeni mistici del rapimento estatico e della stimmatizzazione[5].
Appare evidente che l’evento delle stimmate nell’Assisiate è il frutto della sua profonda preghiera, che ha ormai raggiunto la dimensione della piena maturità. Ciò porta a fare una considerazione: è la sua totalizzante unione con il Crocifisso, sperimentata alla Verna e lungo il corso di una vita, a condurlo a vivere detto inaudito fenomeno straordinario della vita mistica. La stimmatizzazione di Francesco esprime due movimenti: da un lato egli è sempre più bramoso di condividere l’esperienza di Cristo sofferente e morto per la salvezza dell’umanità; dall’altro Dio stesso vuole insignire il santo dei segni della passione, premiandone la fedeltà mostrata durante tutto il suo percorso di conversione[6].
Circa l’origine mistica delle stimmate di Francesco, gli studiosi di questo ambito della teologia spirituale giungono, ormai unanimemente, alla conclusione che quanto è accaduto alla Verna ha cause genuinamente soprannaturali. Si tratta del punto culminante di un’esperienza spirituale basata sulla conformazione al Crocifisso, che arriva al vertice della stimmatizzazione. Ciò che accade all’esterno del corpo di Francesco è il frutto di quanto avviene interiormente. Ogni altra possibilità, al di fuori di quella mistica, non ha retto al cospetto del vissuto concreto dall’Assisiate e di studi seri e scientifici. Infatti, questo fenomeno va inserito nel quadro della ricca personalità del santo, caratterizzata da una sensibilità finissima e da una forte tensione affettiva, che lo porta a vivere con elevatissima intensità ciò che è sacro fino alla trasformazione del cuore. Egli ha avuto una natura predisposta a questo tipo di manifestazione, favorita anche dall’apertura al soprannaturale determinata da tutto il suo cammino[7].
Ritengo importante anzitutto esprimere il concetto di conformazione a Cristo. È possibile affermare che «conformarsi a Cristo vuol dire interiorizzare la vita del Redentore perché la sua immagine e il suo insegnamento diano forma allo spirito e all’esistenza umana. Si tratta di un elemento centrale della spiritualità cristiana di matrice paolina: Gesù è formato in noi (Gal 4.19). Cristo prende forma nella Chiesa e nella persona proprio come un bambino in fase di gestazione nel grembo materno. Secondo questa logica, Paolo sperimenta le doglie di una madre, finché non avviene il parto, vale a dire la conformazione al Signore Gesù»[8].
La conformazione a Cristo di Francesco (a tutti i misteri del Signore e a quello della kenosi in particolare) nasce da quella che Giovanni Iammarrone definisce “esperienza fondante”. Essa è così espressa da questo autore: «L’esperienza di Gesù Cristo umile e povero, rivelazione dell’umiltà e della povertà dell’amore di Dio e via ad una risposta povera ed umile a tale amore da parte dell’uomo, può e, a nostro parere, deve essere considerata l’intuizione/opzione che fa da fondamento e informa di sé tutte le ramificazioni della sua esperienza umana animata dalla fede»[9].
Lo stesso autore, in un altro suo volume, ha scritto: «In Gesù crocifisso, nella croce, il fondatore dei Minori ha letto la realtà più profonda di Dio e dell’uomo. Infatti, la sua esperienza e visione di Dio amore è determinata nella sua profondità dall’umiltà, dalla povertà, dall’auto svuotamento, in particolare sulla croce, con i quali il Figlio di Dio, Dio stesso, ha manifestato e rivelato il suo amore per gli uomini; parimenti la sua vita e visione dell’uomo è determinata nel più profondo dalla contemplazione e sequela di Gesù povero umile e crocifisso, modello della risposta totalizzante dell’amore dell’uomo all’amore senza riserve di Dio nei suoi confronti»[10].
Si può, dunque, affermare che, nell’esperienza di fede del santo si realizza un duplice movimento. Il primo è rappresentato dalla contemplazione dell’umiltà e della povertà di Cristo, che manifesta, mediante questo stile oblativo, l’immenso amore divino per l’umanità. Il secondo è costituito dalla risposta generosa della persona umana che, profondamente colpita e ammirata dalla carità infinita di Dio, reagisce a tanta benevolenza conformandosi alla kenosi del Signore con la sua stessa vita e con le proprie opere concrete. In altre parole, ammirare e meditare la croce e il Crocifisso vuol dire assumere i suoi stessi atteggiamenti nel proprio vissuto spirituale. Sulla base di questa logica, si comprende che la stimmatizzazione del Poverello rappresenta la conseguenza della continua e generosa conformazione a Gesù, alla cui sequela si pone con la massima dedizione e con il più grande coinvolgimento di tutto il suo essere[11].
Il cammino cristiano di Francesco è “abbracciato” dal Crocifisso, che gli parla in San Damiano e gli dona le stimmate. In tutto il suo percorso di fede focalizza la sua attenzione e la sua contemplazione sull’offerta di Gesù sulla croce, un’offerta che commuove profondamente il suo cuore, trasformandolo progressivamente ed inesorabilmente in Lui fino all’apoteosi della stimmatizzazione. Il fatto che visiti cinque volte la Verna, prima di recarsi in occasione del meraviglioso evento del 1224, indica che quel posto viene da lui preparato per qualcosa di grande, di eccezionale. Infatti, la frequentazione di questo monte toscano è maggiore rispetto a quella di San Damiano: questo dato è altamente significativo[12].
In quella circostanza, la sua intimità con Dio è intensissima, la sua orazione vibrante, il suo cuore in una continua ed inaudita condizione di contemplazione. La sua compassione per Cristo raggiunge il livello più alto, quel livello che lo porta a patire con Lui fino a ricevere i sigilli della passione sul suo corpo. Si tratta di un’unione di sublime ed incredibile spessore, che esprime una conformazione piena al Signore nel corpo e nello spirito. Detta conformazione indubbiamente rappresenta la base di tutto il suo itinerario mistico “formato” dal Crocifisso, che sulla Verna raggiunge il punto estremo[13].
La stimmatizzazione della Verna non rappresenta semplicemente l’espressione di un momento di fervore e di intensità spirituale da parte di Francesco, bensì costituisce il culmine di preciso e costante processo di trasformazione interiore. I fatti straordinari, qui da lui sperimentati, sono la logica conseguenza di un cammino di continua contemplazione del Crocifisso, del suo amore immenso che si manifesta particolarmente sulla croce nella povertà e nell’umiltà più grandi. La teologia spirituale attuale, studiando ed approfondendo quanto il Poverello vive in quell’estate del 1224, concorda sulla circostanza secondo la quale il fatto che sul suo corpo compaiano i segni e gli strumenti della passione, siano da collegarsi a tutto il suo vissuto interiore nel quale l’amore per Gesù e il mistero della sua kenosi rappresentano l’elemento centrale. Questa condizione interiore è così forte e totalizzante da favorire una manifestazione mistica così importante e clamorosa. Indubbiamente è possibile affermare che Francesco sarebbe stato uno straordinario mistico anche senza le stimmate. Tuttavia, esse sono un segno per l’umanità di tutti i tempi, circa le meraviglie che il Signore compie in chi lo ama secondo l’intensità e la povertà mostrate costantemente dall’Assisiate, giustamente e universalmente considerato quale Alter Christus.
[1] Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda Maggiore, XIII,3: Fonti francescane nn. 1225-1226.
[2] R. Di Muro, Francesco di Assisi, in Dizionario dei fenomeni mistici cristiani, Ancora, Milano 2014, p.156.
[3] Tommaso da Celano, Vita prima, 91: Fonti Francescane n. 479.
[4] L. Randellini, «Fondamenti biblici e valori teologico-esistenziali delle stimmate di s. Francesco», in Studi Francescani 71 (1974) 162-163.
[5] Cf. Ivi, 165-171.
[6] M. B. Barfucci, «Stimmate di san Francesco», Dizionario Francescano, Messaggero, Padova 1995, p. 1964.
[7] R. Zavalloni, La personalità di Francesco d’Assisi. Studio psicologico, Messaggero, Padova 1991, pp. 175-176; B. Forthomme, Il canto del corpo ardente. La stimmatizzazione di san Francesco d’Assisi, Messaggero, Padova 2012, pp. 86-87.
[8] R. Di Muro, Temi di vita spirituale. Dinamiche e componenti della santità, Miscellanea Francescana, Roma 202, p. 74.
[9] G. Iammarrone, La spiritualità francescana. Anima e contenuti fondamentali, Messaggero, Padova 20212, p. 68.
[10] G. Iammarrone, Il crocifisso e la croce in Francesco, Chiara e nel primo francescanesimo, Messaggero, Padova 2007, p. 51.
[11] Ivi, pp. 51-52.
[12] V. Battaglioli, «Francesco d’Assisi», in Nuovo Dizionario di Mistica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2016, p. 842.
[13] Ivi, pp. 843-844.