Lo spogliamento nell’itinerario mistico è considerata la fase preparatoria al cammino verso l’unione con Dio perché il credente si libera di tutti i lacci che gli impedirebbero di involarsi nell’incontro con l’Altissimo. L’uomo per arrivare all’unione con Dio è chiamato a spogliarsi da ogni attaccamento alle creature: questo genere di mortificazione apre la strada all’unione con Dio. La spoliazione del mistico è caratterizzata da un aspetto di attività ed uno di passività: egli da un lato s’impegna, con tutte le sue forze, a non attaccarsi alle creature ed a praticare indefessamente le virtù, dall’altro è sempre più ricettivo all’azione di Dio che lo rende progressivamente sempre più umile. Si tratta, dunque, di un vero e proprio cammino di ascesi, di rinuncia, di abnegazione che si trova alla base di un vissuto mistico. In questo modo il fedele si rende più disponibile all’agire del Creatore nella sua esistenza perché vive una purificazione dalle influenze molteplici delle creature e dalle attrattive carnali fino a quando le sue facoltà sensibili e spirituali vengano rese maggiormente sensibili all’influenza della grazia.
I mistici parlano della spoliazione nei termini di una rottura dei legami con le creature e della ricerca esclusiva di Dio. La storia della spiritualità cristiana è ricca di diverse sfumature inerenti il percorso di spoliazione. Ad esempio, nei primi secoli del cristianesimo è il martirio la massima forma di spogliamento. In seguito, la vita ascetica di vergini e monaci rappresenta la rinuncia a sé stessi per accogliere solo Cristo. In epoca medievale, Francesco d’Assisi e gli esponenti degli Ordini mendicanti hanno testimoniato che è possibile lasciare ogni bene per dedicarsi al servizio di Cristo, alla sua esclusiva accoglienza. Si può comprendere, allora, come la pratica della verginità e della povertà siano preziose per realizzare una piena spoliazione da se stessi e per rendersi pronti all’accoglienza di Dio e della sua azione benefica. L’uomo che vuole unirsi misticamente a Dio è chiamato ad un cammino di povertà, cioè a separarsi dai beni esteriori, sia del corpo che dell’anima. Dalla povertà il credente passa alla libertà che ne costituisce la logica conseguenza. Povertà e privazione soprattutto nella teologia di s. Francesco di Sales sono fondamentali per far spazio solo a Dio ed alla sua azione. La mortificazione diventa mezzo di crescita umana e cristiana. Il discepolo di Cristo è chiamato a praticarla per realizzare un cammino di autentica liberazione. Essa non è mero masochismo bensì un modo per giungere ad una vera umanizzazione dato che l’uomo viene, per suo mezzo, orientato a Dio, al bene e preservato dalle conseguenze di tendenze non buone. Essa va vista all’interno di un cammino di ascesi, di un percorso mediante il quale si vuole partecipare al mistero pasquale di Gesù, raggiungere un cammino autenticamente cristiano e l’unione con Dio.